Il Russiagate/Ucrainagate
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WASHINGTON - Donald Trump attacca a testa bassa l'Fbi colpevole, secondo un memo approvato dai repubblicani e declassificato dallo stesso presidente Usa, di aver gestito in maniera "politicizzata" e in chiave anti-Trump l'inchiesta sul Russiagate e si concentra su "rilevanti informazioni omesse" nell'indagine commettendo una "serie di violazioni della pubblica fiducia".
Il memo dei repubblicani della commissione intelligence della Camera sostiene che l'Fbi, con il concorso del dipartimento della Giustizia, avviò a ottobre del 2016 l'intercettazione del consigliere Carter Page dello staff elettorale di Trump a partire da un dossier di intelligence che era stato realizzato dall'ex spia britannica Christopher Steele, ingaggiato da uno studio americano pagato dalla campagna di Hillary Clinton.
Secondo i repubblicani, però, si configurò un abuso di potere perché l'Fbi non avrebbe indicato ai giudici che autorizzarono le intercettazioni che la campagna dei democratici aveva co-finanziato il dossier, né che Steele era personalmente ostile a Trump. Il 'memo Nunes', dal nome del presidente della commissione intelligence della Camera Devin Nunes, si scaglia in particolare contro l'ex numero due della Giustizia Bruce Ohr e cita esplicitamente l'ex numero due dell'Fbi Andrew McCabe, che si è recentemente dimesso.
In particolare il rapporto Nunes, critica "l'uso illegittimo da parte del ministero della Giustizia (all'epoca - 2016 - guidato dalla ministra democratica afroamericana Loretta Lynch e dall'Fbi, il cui direttore era James Comey, licenziato da Trump il 9 maggio 2017) della legge 'Fisa', la norma che autorizza le intercettazioni di americani e stranieri e che venne usata durante l'intera campagna elettorale presidenziale.
Secondo il rapporto sia il ministero che l'Fbi, da cui dipende, hanno abusato della legge Fisa e della corte speciale (Foreign Intelligence Surveillance Court o Fisc ndr) che autorizza caso per caso le intercettazioni, per raccogliere informazioni contro Trump con ogni mezzo. Tra i punti citati l'omissione da parte del ministero e dell'Fbi del ruolo giocato dall'ex 007 britannico Christopher Steele - a lungo una fonte dell'Fbi - che su incarico del Partito Democratico e della campagna elettorale di Hillary Clinton venne pagato 160mila dollari tramite lo studio legale 'Perkins Coie' ed il gruppo di intelligence privata "Fusion GPS" per preparare un falso rapporto sui legami tra Donald Trump e la Russia.
Steele, sostiene il memo, era l'autore del testo che rivelava presunte collusioni con funzionari di Mosca ma soprattutto dell'esistenza di un filmato girato dall'Fsb, i servizi segreti russi, in cui Trump nel 2013 si sarebbe intrattenuto in modo particolare con una prostituta in una stanza del Ritz-Carlton della capitale russa. Filmato con cui Mosca era pronta a ricattare Trump una volta eletto.
Nel rapporto si legge che nel settembre del 2016 Steele ammise la sua ostilità contro l'ancora candidato Trump quando disse che "era ferocemente contrario all'idea che Donald Trump fosse eletto e sosteneva che non doveva diventare presidente". Queste chiare prove, secondo il rapporto di Nunes, non vennero citate nella richiesta per ottenere tramite la legge Fisa l'autorizzazione a spiare Carter Page, capo consigliere in politica estera della campagna elettorale di Trump, sorvegliato dall'Fbi perchè aveva fatto numerosi viaggi in Russia nel 2016 e che veniva considerato il trait-d'union il Cremlino e Trump.
La centralità del presunto abuso di potere del ministero della Giustizia e dell'Fbi, secondo il rapporto è testimoniata dallo stesso ex numero 2 dell'Fbi, Andrew McCabe, che davanti alla commissione Intelligence della Camera nel dicembre del 2017 affermò che "non sarebbe stata ottenuta alcuna autorizzazione all'intercettazione dalla Corte speciale (Fisc) senza il dossier raccolto da Steele".
Né la richiesta iniziale alla Fisc dell'ottobre 2016 né le successive hanno mai fatto riferimento al ruolo del Partito Democratico, della campagna di Clinton, o di altri nell'aver finanziato il dossier di Steele. Non solo. La richiesta iniziale di poter procedere alle intercettazioni tramite la legge Fisa, sottolineava che Steele lavorava per conto di un cittadino americano ma senza citare il gruppo Fusion GPS (l'intermediario con Steele, ndr) né Glenn Simpson (fondatore del gruppo) malgrado all'epoca sia il ministero della Giustizia che l'Fbi sapessero che i democratici e Clinton avessero pagato Steele, che lavorava per conto ed in nome loro o che l'Fbi autorizzo un pagamento separato all'ex 007 britannico per le stesse informazioni.
· "SIGNIFICATIVO INTERESSE PUBBLICO" La Casa Bianca ha giustificato la decisione di declassificare e autorizzare la diffusione del memo repubblicano contro l'Fbi per la sua condotta nel Russiagate "alla luce del significativo interesse pubblico". Un interesse che prevale quindi sulle "gravi preoccupazioni" legate alla sicurezza e alla inaccuratezza del documento sollevate dal ministero della giustizia e dall'Fbi.
· TRUMP IN ROTTA CON IL SUO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA Sembra allargarsi il solco fra Donald Trump e il suo ministro della Giustizia Jeff Sessions, che era contrario alla declassificazione del memo repubblicano. Sessions ha infatti difeso ed espresso apprezzamento per i suoi vertici, compreso il numero due Rod Rosenstein, verso il quale Trump ha ribadito la sua sfiducia. Dopo l'autoricusazione di Sessions, Rosenstein sovrintende all'indagine sul Russiagate.
· L'AVVERTIMENTO DEI DEMOCRATICI I Democratici avvertono Trump, che si aprirà una "crisi costituzionale" qualora volesse approfittare del memo anti-Fbi, appena declassicato, per licenziare il 'numero due' del ministero della Giustizia, Rod Rosenstein o il procuratore speciale dell'inchiesta sul Russiagate, Robert Mueller. È l'avvertimento del leader della minoranza democratica al Senato Chuck Schumer, della leader della minoranza democratica alla Camera Nancy Pelosi e di otto altri democratici. "Scriviamo per informare che considereremo un'azione così ingiustificata un tentativo di ostruzione della giustizia nell'indagine sulla Russia", scrivono i democratici.
"Licenziare il vice attorney general Rod Rosenstein, la leaderhip del dipartimento della Giustizia o il procuratore speciale Bob Mueller potrebbe determinare una crisi costituzionale di un tipo che non si vede dal Saturday Night Massacre", affermano i democratici riferendosi a quando l'allora presidente Richard Nixon ordinò di licenziare funzionari della giustizia durante lo scandalo Watergate.
Duro anche il senatore democratico Mark Warner, vice presidente della commissione Intelligence del Senato: "Questa rivelazione al pubblico senza precedenti di materiale secretato, durante un'indagine in corso, è pericolosa per la nostra sicurezza nazionale", ha dichiarato il senatore. Warner ha inoltre contestato il contenuto del dossier messo a punto dal deputato repubblicano Devin Nunes, affermando che "i documenti su cui si basa il memorandum... non ne sostengono le conclusioni".
E Nancy Pelosi aggiunge che il presidente Trump ha abdicato "alla sua responsabilità costituzionale di 'Commander-in-Chief'" pubblicando il dossier di intelligence che mette in dubbio l'imparzialità dell'Fbi sul Russiagate, "un documento "altamente riservato e distorto". "Evitando di proteggere le fonti e i metodi dell'intelligence, ha appena mandato il suo amico Putin un mazzo di fiori ".
· CHI È NUNES AUTORE DEL MEMO ANTI FBI Devin Nunes, venne già coinvolto l'anno scorso in accuse di spionaggio contro Barack Obama, accuse poi rivelatesi senza fondamento. Ha fatto parte del team di transizione del futuro presidente dopo la vittoria elettorale del novembre 2016, ed è a lui che è stata poi affidata la delicata presidenza della commissione intelligence della Camera, incaricata di seguire la vicenda delle interferenze russe nelle elezioni americane.
Nunes è collegato alla vicenda del tweet del marzo dell'anno scorso con il quale Trump accusava il suo predecessore Barack Obama di aver ordinato di spiarlo. Dietro queste accuse, vi era un incontro segreto di Nunes con fonti alla Casa Bianca, che poi risultarono essere persone legate all'amministrazione Trump.
Accusato di parzialità e di rivelazione di informazioni classificate, il deputato fu messo sotto inchiesta dalla commissione etica della Camera. Per questo si autosospese in aprile dalle indagini sul Russiagate, ritornando pienamente alle sue funzioni in dicembre quanto fu scagionato.
Anche se accusa l'Fbi di abusi nelle intercettazioni contro il team di Trump, Nunes è sempre stato un fautore dei poteri di sorveglianza e spionaggio dei servizi americani fin da quando è stato eletto per la prima volta nel 2003 come deputato di un distretto rurale della California. In particolare si è impegnato per l'estensione di altri sei anni di questi poteri, spesso senza mandato, che è stata firmata il mese scorso da Trump.
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I legali di Donald Trump hanno consigliato al presidente americano di rifiutare un eventuale interrogatorio con il procuratore speciale Robert Mueller nell'ambito delle indagini sul Russiagate. Lo riporta il New York Times citando alcune fonti, secondo le quali il timore degli avvocati è che Trump si contraddica o rilasci dichiarazioni false che poi lo porterebbero a essere incriminato per aver mentito. Un eventuale rifiuto di Trump rischia di aprire una lunga battaglia legale in tribunale.
La decisione di Trump sul parlare o meno con gli investigatori definirà le indagini sul Russiagate. Un rifiuto potrebbe spingere Mueller a inviare un mandato di comparizione al presidente affinchè sia sentito davanti a un grand jury, aprendo un possibile scontro in tribunale che potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema. Un rifiuto da parte di Trump avrebbe anche implicazioni politiche perchè i suoi critici lo leggerebbero come la conferma del fatto che il presidente ha qualcosa da nascondere. Un'ipotesi questa che getta un'ombra sulle elezioni di medio termine per i repubblicani.
I legali di Trump sono per un rifiuto dell'interrogatorio convinti che Mueller non abbia lo status giuridico per interrogare il presidente su alcuni punti dell'indagine. Fra i legali c'è poi la convinzione che il presidente, in diversi atti che gli sono contestati, abbia agito nell'autorità che gli è stata data dalla costituzione e quindi non debba essere sentito per atti che sono legali. A consigliare a Trump di sottrarsi a un interrogatorio sono i legali John Dowd e Jay Sekulow, rafforzati da buona parte consiglieri della West Wing.
L'unica voce fuori dal coro è quella del legale Ty Cobb, convinto che la Casa Bianca debba fare tutto quello che è in suo potere per cooperare con le indagini.
Sempre a proposito di Russiagate, il rapporto dei democratici che ha appena ottenuto il via libera alla divulgazione da parte della commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti sarà "esaminato e valutato" dal presidente Donald Trump che dovrà autorizzare la sua desecretazione. Il rapporto dei democratici sull'Fbi si contrappone al memo dei repubblicani di cui Donald Trump ha disposto la pubblicazione.
Il presidente Donald Trump "sarà incline" ad approvare la sua pubblicazione se il rapporto sarà "accurato" e non porrà rischi per la sicurezza, ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca, Raj Shah, in un'intervista alla Cnn, poco prima del via libera, all'unanimità alla divulgazione da parte della commissione. Trump ha 5 giorni di tempo per annunciare la sua decisione
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WASHINGTON - È previsto che si dichiari colpevole di cospirazione contro gli Stati Uniti e di aver mentito agli investigatori, Rick Gates, l'ex consigliere di Donald Trump e figura al centro del Russiagate. Un uomo chiave, braccio destro del presidente in affari e in politica nei mesi chiave di giugno-agosto 2016 durante la campagna elettorale.
La decisione di colpevolezza, secondo quanto scrivono i media americani è il segnale che Gates sia pronto a collaborare con il procuratore speciale Robert Mueller e il suo team. Collaborazione che potrebbe portare a un importante passo avanti nelle indagini.
Mueller, impegnato nelle indagini volte a determinare le interferenze russe nelle presidenziali americane, contro Gates ed il socio Paul Manafort, l'ex capo della campagna di Trump, aveva depositato nuove accuse, arrivando a 32 capi di imputazione che prevedono anche frode e riciclaggio di denaro e che possono costare decenni di carcere.
Le nuove incriminazioni si aggiungono alle 12 di cui Manafort e Gates erano stati accusati nell'ottobre scorso, per cui ai due collaboratori del presidente vennero contestate le accuse di cospirazione e "riciclaggio di denaro multimilionario" durante il lavoro come lobbisti al servizio del governo ucraino.
Le nuove accuse riguardano per gran parte lo stesso filone (i milioni di dollari riciclati salgono però a 30) e per il momento non considerano l'attività dei due legate alla campagna elettorale di Trump. Manafort è accusato di avere evaso le tasse dal 2010 al 2014 (l'evasione fiscale come è noto è un reato grave negli Stati Uniti) e di avere nascosto i conti bancari che possedeva all'estero.
Tra le 41 pagine del provvedimento di Mueller, si legge che Manafort e Gates tra il 2006 e il 2015 hanno agito come "agenti non registrati di un governo straniero e di partito politici stranieri", in particolare "del governo e del presidente dell'Ucraina". La Casa Bianca ha fatto sapere oggi che le ultime accuse contro Manafort e Gates non sono collegate a Trump.
"Questa incriminazione non ha nulla a che fare con la Casa Bianca o il presidente: come sapete, abbiamo collaborato con il consulente speciale e non ci sono prove di collusione, nessuna prova di irregolarità", ha detto Mercedes Schlapp, direttore delle comunicazioni strategiche della Casa Bianca.
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Robert Mueller, lo speciale procuratore che indaga sul Russiagate, ovvero sulle interferenze di Mosca nelle presidenziali Usa e sulle possibili collusioni tra la campagna elettorale di Donald Trump e il Cremlino, ha puntato i fari sugli affari del miliardario in Russia prima della sua discesa in campo per la Casa Bianca nel 2016.
Lo sostiene la Cnn citando come fonti testimoni ascoltati da Mueller in materia. Sarebbero state chiesti loro, tra l'altro, chiarimenti sulla tempistica relativa alla decisione di Trump di correre per la Casa Bianca.
Sempre nell'ambito del Russiagate, Hope Hicks, direttrice della comunicazione alla Casa Bianca, è stata sentita per nove ore al Capitol Hill - la sede del Congresso Usa - dalla commissione Intelligence della Camera.
I guai per Trump non finiscono qui. I rappresentanti di almeno quattro Paesi - tra cui Emirati Arabi Uniti, Cina, Israele e Messico - hanno discusso privatamente modi possibili per "manipolare" Jared Kushner, genero e stretto collaboratore del presidente Usa, allo scopo di trarre vantaggio delle complesse dinamiche relative ai suoi business, delle difficoltà finanziarie e della scarsa esperienza in politica estera. Lo scrive il Washington Post citando esponenti Usa a conoscenza di materiale di intelligence sulla questione.
E sempre nelle ultime ore si è saputo che Jared Kushner resterà al suo posto alla Casa Bianca, anche se gli è stato revocato il nullaosta di sicurezza per i dossier 'top secret'. Lo ha detto il vice portavoce della Casa Bianca, Raj Shah alla Cnn. "Sta facendo un grande lavoro per il presidente e continuerà con il suo incarico", ha assicurato Shah.
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