Il primo impatto non è positivo, complice la
pessima grafica di copertina, già stigmatizzata qui nel forum (
)
Già sono troppi i loghi da mettere in copertina (oltre ai titoli e agli autori, obbligatori, c'è il logo della casa editrice che potevano mettere benissimo anche dietro e soprattutto la patacca "onoraria" con il 70), e oltretutto sono messi in posizioni dove coprono il disegno invece di valorizzarlo. Aggiungici una copertina che non granchè e i colori troppo scuri...
I colori troppo scuri continuano anche all'interno, e la cosa mi ha sorpreso. Il colorista (Matteo Vattani) non è alle prime armi, eppure le pagine sembrano soffrire del problema (tipico di chi colora senza avere esperienze di stampa) dell'avere i colori calibrati per lo schermo, più "luminoso", e che risultano quindi troppo scuri in fase di stampa.
(Un mio amico che ha lavorato un po' con Photoshop una volta di fronte ad un altro volume con un problema simile mi fece notare che non è un problema tipico solo dei principianti, ma anche tipico di quelli che lavorano con un editore/boss che vuole decidere lui quando i colori vanno bene, e li sceglie che vadano bene a schermo incurante delle spiegazioni del colorista. O forse ha sbagliato la tipografia. In ogni caso quando i colori sono così scuri e smorti qualcuno ha sbagliato. Per vedere questa differenza fra stampa e schermo basta che confrontare il volume stampato con
per vedere come probabilmente sarebbero dovute essere nelle intenzioni del colorista)
La lista delle magagne non è finita qui: un Alberti così frettoloso e schizzato non l'avevo mai visto. Anche qui, confrontate
che disegna
o anche quelle
con le tavole di questo volume: la costruzione della tavola, il dinamismo, etc c'è ancora tutto, ma pare tutto fatto in fretta e furia, schizzato e non ben definito (guardate per esempio il volto di Tex nella quinta vignetta a pagina 13, o il suo braccio sinistro nella seconda vignetta, o la curva della sua schiena nella prima vignetta... sto scegliendo fra i molteplici esempi presenti in ogni pagina quelli di pagina 13 per non farvi fare troppa fatica ma anche per farvi vedere quanti sono, ma potete anche guardare i Tex e Carson a pagina 48...)
Rispetto al suo Tex precedente ("Frontiera") tutto sembra essere più frettoloso e "tirato via" (poi non so se davvero abbia tirato via o no, magari ha impiegato più tempo a disegnare questo rispetto all'altro, solo che l'impressione è quella).
Dopo aver visto tutto questo sfogliando il volume avevo davvero aspettative molto scarse, e forse proprio per questo sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla sceneggiatura. 46 pagine sono davvero poche per una storia di Tex (chi mi cita magari Blueberry dovrebbe ricordarsi che Charlier le riempiva di testo e comunque erano saghe in più albi), ma Dixon riesce a riempirle di eventi con un ritmo veloce e una piacevole assenza di "spiegoni" (tanto che ho letto qualche commento online di lettori Texiani spiazzati, roba tipo "ma non hanno spiegato come mai Tex arriva con i cadaveri di due rapinatori, cosa è successo?" Oh, chissà mai cosa può essere successo, presto, qualcuno glielo spieghi tre volte...
)
Intendiamoci, non si tratta di un capolavoro che sarà ricordato nei secoli, e probabilmente ve la dimenticherete presto (come mi capita in generale con le storie brevi di questa collana e dei color Tex...), ma per me fa il suo lavoro: intrattenere il lettore con una vicenda avventurosa senza che diventi mai troppo prevedibile (come purtroppo capita spesso con le storie di Tex recenti).
Non sapremo mai probabilmente quanto la sceneggiatura sia stata modificata per renderla più "texiana", ma non credo poi tantissimo: a parte che pare che Dixon conoscesse il personaggio (dicono), questa è la sua seconda storia di Tex e non ce lo vedo Boselli ad affidare più sceneggiature a gente che poi lo costringe a riscriverle da capo...
Alcune cose che mi sono piaciute però ritengo che siano sicuramente di Dixon: il fatto che Tex semplicemente arrivi e sia considerato "un ranger", senza che la gente cada in deliquio a sentire il suo nome (ci sarà qualcuno nel west che non lo conosce, no?), e poi...
la collaborazione con Gus e come viene rappresentata: puramente pratica, per la sopravvivenza, senza tanti sentimentalismi e con entrambi che sanno bene come probabilmente andrà a finire, e il finale che chiude rapidamente le questioni ancora aperte
In un post recente parlavo della evidente difficoltà che trovano alla Bonelli nel trovare solidi sceneggiatori professionisti capaci di scrivere avventure western vecchio stampo (non post-moderne, non crepuscolari, non citazioniste, non troppo ironiche, etc. con buoni e cattivi, azione e dramma e che siano quindi davvero "popolari" nel senso di piacere ai lettori), della carenza di questo tipo di scrittore fra i nuovi autori (tanto che hanno dovuto ricorrere di nuovo a Nizzi...)
Beh, pensate che sono dovuti andare a cercarne uno in America, e che ha già 64 anni (Dixon è del 1954...)
P.S: parlando di brutta colorazione,
come
Alberti invece in
, nelle tavole di "senzanima": preferite così o con i colori coprenti di Cinnamon Falls?