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> Il decostruzionismo
 
fiocotram
Inviato il: Sabato, 11-Gen-2020, 04:03
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Uberlogorrea
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Mi viene in mente un aneddoto, tratto da Marvel Comics- una storia di eroi e supereroi"(traduzione un po' bruttina, secondo me, dell'originale "Untold Story")...
Lo posto qui perché secondo me il concetto che chiamiamo decostruzionismo non vive solo dei nomi celebri, ma anche di tanti "vorrei, ma non posso", di tanti autori che consideriamo minori e che hanno comunque provato a fare cose diverse con minor fortuna. Magari non hanno avuto un terreno fertile, non hanno beneficiato di lettori in sintonia o di un periodo propizio... o in alcuni casi non erano abbastanza bravi. Ma al di là dei giudizi di merito, è importante guardare al contesto in cui tutto questo avveniva. I loro tentativi ci parlano dell'evoluzione della figura del supereroe,inquadrandoli anche e soprattutto negli ostacoli e dei temi ricorsivi che deve fronteggiare la creatività di un autore e i compromessi che deve affrontare di volta in volta. Il che ci porta a farci qualche domanda, non solo sul processo creativo, ma nei modi in cui esso avviene.
Il pezzo in questione è questo:

QUOTE

" Sulle pagine di Nomad (siamo nel 1990, l'era dei pistoloni, delle cover olografiche e delle speculazioni sui numeri 1 da collezionisti era appena iniziata), Fabian Nicieza aveva trasformato il personaggio eponimo in una figura assurda ai livelli di Steve Gerber: un vigilante, armato di pistola, che vagabondava portandosi nello zaino un bimbo adottato. Nicieza vedeva la serie come un mezzo per esprimere la sua creatività. Un luogo in cui prendersi il rischio di scrivere storie di travestiti e di lotta di classe che non avrebbe mai potuto far entrare nelle avventure degli X-men che scriveva per Harras. "Volevo che Nomad diventasse sieropositivo. Lo stigma che circondava l'AIDS era semplicemente colossale, ma volevo renderlo parte del personaggio. Avevo già scritto una storia sulla rivolta di Los Angeles che aveva attirato l'attenzione di Entertainment Tonight, capivo che c'erano determinati argomenti che, se affrontati, non soltanto avrebbero reso il tutto più interessante dal punto di vista creativo, ma avrebbero suscitato interesse impensabile per altri titoli".
Col supporto di Tom de Falco, Mike Hobson e Terry Sewart, l'idea venne sottoposta ai piani alti.
La risposta fu: "Non è il tipo di cosa che possiamo fare con uno dei nostri personaggi più popolari".
Alla fine gli venne comunicato che Bill Bevins, il quale evitava i corridoi della Marvel al punto che molti dipendenti non lo avevano proprio mai visto, voleva incontrarlo per spiegargli come la pensasse.
Nell'ufficio di steeart, Bevins disegnò una curva di Gauss che dimostrava come i titoli dell'Universo Marvel erano off limits per le sperimentazioni. I titoli Marvel erano il cuore delle loro vendite.
"Ma non è questo il punto!" protestò Nicieza "All'interno della linea Mavel dobbiamo differenziare l'importanza dei personaggi, far capire cosa si può o non si può fare con ognuno di essi. Io scrivo X-men. Al momento è il vostro titolo più venduto. E scrivo Nomad, uno di quelli che vendono meno. Non sto dicendo di voler fare una cosa del genere con gli X-men"
"Grazie per la disponibilità ma... no".
Quando la porta si chiuse alle loro spalle, Nicieza si girò verso De Falco e Stewart.
"Fondamentalmente non capiscono cos'è la Marvel" disse " Se Bill Bevins ci fosse stato nel 1966,  quando Stan Lee voleva fare Pantera Nera, avrebbe detto di no".



Cosa ne pensate?
Mi spiego... non voglio alludere a Nicieza come a uno scrittore del rango di Moore o Gaiman. L'ultima volta che ho letto Nomad avevo 12 anni, non ne ho un ricordo bruttissimo, anzi mi divertiva.
Non voglio nemmeno farvi pensare che per me scrivere belle storie sia una semplice questione di inserire o meno temi scottanti che richiamano l'attenzione dei media, cosa che forse, al di là di tutte le buone intenzioni di Nicieza, costituiva un tallone di Achille, perché non c'è solo il tema e la sensazione, c'è come lo sviluppi.
Il cuore di tutto sta nelle cose che dice Nicieza, in quello che gli viene risposto e nelle domande che suscita.


Cosa deve ricevere un lettore?
Storie interessanti o storie rassicuranti?
Mettere alla prova su cose che conosce o avventurarsi in cose che NON conosce?
E' giusto che i supereroi vivano in un mondo simile a quello reale, in cui problemi simili a quelli del nostro contaminano la vita dei personaggi oltre al criminale di turno?
E se per voi la risposta è no, come fate a conciliare il vostro essere amanti dei fumetti non dico con Moore o Gaiman, ma anche solo con celebri storie dell'Uomo Ragno come la saga della droga in tre numeri o il ciclo Green Arrow-Green Lanter?


Capite bene che il cuore stesso della "decostruzione" sta nei paletti che inconsciamente noi lettori ci poniamo, in quelli che si pongono gli autori e in quelli che pone loro l'epoca, il contesto, le linee editoriali.

E' vero che la Marvel ha principalmente a cuore la sopravvivenza di proprietà intellettuali potenzialmente vendibili a tutti, a cui storie controverse possono creare un danno alla commercializzazione a fasce di pubblico più giovani.. ma quando diventiamo lettori di qualcosa, giovani o meno giovani, non siamo forse attirati da una PARTICOLARITA', spesso drammatica, che le storie di quel particolare personaggio ci comunicano rispetto ad altri? Non è forse per questo che magari in fumetteria compriamo Spider-man anziché Superman, oppure scegliamo una saga drammatica dell'Uomo d'acciaio, anziché un tranquillo crossover marveliano dalle collaudate dinamiche?


La decostruzione non può avere come unico fine quello di mettere in ridicolo i cliché narrativi. Deve anche creare qualcosa di nuovo.

Per quanto mi abbia ad esempio divertito la lettura di Supreme di Moore, gli preferisco mille volte il Marvelman dei tempi d'oro, perché NON si è limitato soltanto a evidenziare assurdità e contraddizioni di un epigono semidisneyano di Superman e Captain Marvel, MA nella seconda fase delle sue avventure l'ha portato in territori che con la citazione della Silver Age hanno davvero ben poco a che fare.

Cioè sì, va benissimo, è divertente quando Moore era capace di rifare le storielle anni cinquanta di Supergirl su Supreme, è ancor più divertente quando riusciamo a cogliere quel leggero spirito satirico tra una ricostruzione iperfilologica di quelle atmosfere e un'altra. Tocca i centri del piacere di noi lettori, stimola le cose che conosciamo.

Ma a parte questo, poi arriva la fase in cui dobbiamo ripensare di sana pianta a un mondo che conosciamo (sia pure in stile fiction) perché la nostra fantasia corre a briglia sciolta se portiamo l'eroe e le sue caratteristiche in parti a cui gli autori originali non avrebbero mai pensato.
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Moreno Roncucci
Inviato il: Sabato, 11-Gen-2020, 07:41
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Detective dell'Impossibile
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Parlando di Marvel, vorrei far notare come quello che voleva fare Nicieza negli anni 90 (l'epoca in cui i fumetti sarebbero diventati "adulti" perchè Sue Storm faceva vedere l'ombelico) ma gli fu proibito... accadeva tranquillamente in TUTTE le testate Marvel negli anni 70!

C'è il Watergate? E Englehart fa una storia in cui il nemico di Capitan America, a capo dell'organizzazione golpista "l'impero segreto", è il presidente degli Stati Uniti (fra le altre cose in quel periodo Englehart fa una storia in cui il Dr Strange torna indietro nel tempo e aiuta Dio a fare il big bang, e un'altra in cui tutti gli abitanti della terra sono stati uccisi nel 1974 ma con l'aiuto di Eternità il Dr Strange la ricrea, tipo fotocopia, uguale uguale)

Ci sono fatti di cronaca con gente che "si fa giustizia da sola"? Ecco il Punitore. Harry, il compagno di stanza di Peter, si droga. Flash Thompson viene spedito in Vietnam e torna traumatizzato. Tony Stark in pieno periodo di guerra del vietnam decide di smettere di produrre armi. Pantera Nera combatte contro il KKK (OK, questa fu interrotta, ma pare per le scarse vendite, non per censura). Non parliamo poi di cosa si vedeva in Howard the Duck o Man-Thing di Gerber...

E soprattutto... non esisteva il concetto di "Marvel Universe", numerato o no. Era implicito che i fumetti Marvel erano ambientati nel mondo reale, quello fuori dalla finestra, solo con qualche supereroe in più. Il concetto di un vero e proprio "universo" con regole proprie, gerarchie cosmiche, nasce con Gruenwald e il Marvel Handbook negli anni 80.

Perchè questa pappardella? Per far notare come, se è vero che negli anni 80 autori rivoluzionari portano avanti revisionismo e deconstruzionismo, e temi politici e attuali, è anche vero che si tratta di una corrente sempre più minoritaria e isolata (per quanto acclamata e scopiazzata... male, prendendone solo il tono cupo e rendendolo adolescenziale)

La versa "corrente" che ha stravinto negli anni 80, è il nerdismo, e la trasformazione dei fumetti Marvel e DC, negli anni 90, in un ammasso di trivia, sempre piu staccato dal mondo reale.


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Ciao,
/\/\oreno.
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fiocotram
Inviato il: Sabato, 11-Gen-2020, 12:19
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Esatto Roncucci, il cosiddetto "nerdismo" che dagli Novanta e' in realta' un fenomeno recente, che grazie alle newsletter e i forum ha acquisito una voce pervasiva, rafforzando nell'immaginario l'idea che "prima" fosse tutto un paradiso di continuity e che le visioni autoriali siano stati un tardo oltraggio ai mores maiorum. In realta' se confrontiamo quel che ho appena preso dal libro di Howe con quanto viene raccontato, dallo stesso Howe, sull'epoca Shooter, vediamo come il famoso/famigerato Jim INCITASSE i suoi autori a violare le idee precostituite sui personaggi. Abbiamo avuto i Dark Knight e le Born Again ma leggiamo anche che Shooter incitava Doug Moench ( che scriveva su Moon Knight ed essenzialmente voleva rifare Batman) a fare qualcosa di scioccante per risollevare le vendite di Moon Knight, anche uccidendolo se necessario. Il pungolo costante tra autori ed editor e' stato alla base di storie come il Fato di Fenice, senza cui, a giudicare dalle sue stesse autobiografie, non avremmo avuto un giovane Grantt Morrison riappassionarsi ai fumetti alle soglie dell'eta' adulta e non avremmo avuto Animal Man e la Doom Patrol. Sempre procedendo per domande, cisa sono gli EDITOR oggi? L'editor a cui sono stato abituato dai tardi anni Ottanta era un pungolo costante verso autori e lettori. Oggi si passa dall'eccesso di dare all'autore carta bianca su ogni cosa al rivelarsi meri protettori della proprieta' intellettuale. Se l'editor su una testata e' l'elemento di continuita' tra un autore e l'altro avrebbe piu' senso che fosse garante della creativita'.
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