Il Russiagate/Ucrainagate
Peter Parker |
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NEW YORK - Hope Hicks si dimette da direttrice della comunicazione della Casa Bianca. Tra le più strette collaboratrici del presidente, considerava da tempo la possibilità di lasciare. L'addio arriva all'indomani dall'audizione fiume, quasi nove ore, di Hicks alla Camera nell'ambito delle indagini sul Russiagate.
Hicks è stata una delle più strette collaboratrici di Trump, rinomata all'interno della Casa Bianca per essere una delle poche che riusciva a capire la personalità e lo stile del presidente tanto che in alcuni casi 'osava' addirittura sollevare dubbi sulle sue posizioni. Non è ancora chiaro quando esattamente lascerà, probabilmente - riporta il New York Times - nelle prossime settimane. Non è ancora chiaro neanche quale sarà il suo prossimo lavoro: Hicks nell'annunciare l'addio si limita a dire di "non avere parole" per descrivere la sua immensa gratitudine al presidente.
I RINGRAZIAMENTI DEL PRESIDENTE "Ha fatto un ottimo lavoro negli ultimi tre anni" dice Trump, riferendosi al fatto che Hicks prima di essere nominata direttrice della comunicazione era parte integrante ed essenziale della campagna elettorale del presidente. "Mi mancherà averla al mio fianco ma quando mi ha parlato di altre opportunità ho capito. Sono sicuro che lavoreremo ancora insieme in futuro".
Come direttore della comunicazione, Hicks ha cercato di stabilizzare e placare le lotte intestine all'interno del suo dipartimento composto da 40 persone, molte volte in guerra le une con le altre. Nel suo ruolo ha sempre mantenuto un basso profilo, rifiutando interviste e senza mai salire sul podio della sala stampa. Un"assenzà che ha alimentato il mistero e l'interesse di tutti nei suoi confronti.
LA POLTRONA DI SESSIONS "Dire che ci mancherà è dire poco", commenta il capo dello staff della Casa Bianca, John Kelly, definendo il suo lavoro "fantastico". Kelly è un'altra delle figure che sembra 'traballare' all'interno della Casa Bianca dopo la revoca, secondo indiscrezioni, della nullaosta alla sicurezza di Jared Kushner, consigliere del presidente e marito di Ivanka. In bilico, ancora una volta, anche il ministro della giustizia Jeff Sessions, attaccato nelle ultime ore duramente da Trump su Twitter. Il presidente ha definito il suo lavoro "vergognoso". Sessions però questa volta non ha incassato in silenzio: il ministro ha respinto le critiche del presidente assicurando che continuerà a svolgere il suo lavoro con "onore e integrità".
A questo si aggiunge un'indiscrezione del Washington Post secondo cui Il procuratore speciale per il Russiagate, Robert Mueller, sta indagando sul tentativo della scorsa estate di Donald Trump di cacciare il ministro della Giustizia Jeff Sessions. Mueller punta ad accertare se l'obiettivo del presidente fosse sostituire Sessions con qualcuno che assumesse il controllo delle indagini sul Russiagate.
LO SCANDALO PORTER E LA RABBIA DI TRUMP Secondo la ricostruzione dell Cnn, Donald Trump si sarebbe invece infuriato con Hope Hicks per aver ammesso in Congresso, nell'ambito delle indagini sul Russiagate, di aver detto delle bugie a fin di bene per il presidente. Sempre secondo la Cnn, Hicks aveva già considerato le dimissioni quando era scoppiato lo scandalo di Robert Porter, l'ex segretario dello staff a cui era legata sentimentalmente che si era dimesso per le accuse di violenze sessuali nei confronti delle ex mogli.
LA POSSIBILE SOSTITUTA Si parla di Marcedes Schlaap alla Casa Bianca per la successione di Hope Hick, direttore della comunicazione che ha annunciato le dimissioni. Lo riporta il Wall Street Journal. La Schlaap, moglie del presidente del dell'American Conservative Union Matt Schlaap, dallo scorso settembre è responsabile delle comunicazioni strategiche alla Casa Bianca, ruolo precedentemente ricoperto proprio dalla Hick prima di essere promossa a capo della comunicazione. Se nominata, la Schlaap sarà il quarto direttore della comunicazione di Trump in poco più di un anno, dopo Sean Spicer, Anthony Scaramucci e la Hicks
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NEW YORK - Dodici funzionari russi sotto accusa per aver organizzato e gestito l'hackeraggio dei computer del Comitato Nazionale Democratico durante la campagna presidenziale del 2016. Lo ha appena annunciato nell'ambito di una conferenza stampa convocata a sorpresa, il numero due del dipartimento di Giustizia Rod Rosenstein.
L'accusa, formulata ufficialmente dall'ufficio del procuratore speciale Robert Mueller - l'ex capo dell'Fbi che indaga sul Russiagate - arriva a due giorni dall'incontro di Helsinki fra il presidente americano Donald Trump e il suo omologo russo Vladimir Putin. E proprio mentre il presidente americano fa visita alla regina nel castello di Windsor.
Mueller punta dunque il dito su 12 uomini del Gru, l'intelligence federale russa: accusando per la prima volta direttamente il Cremlino di aver interferito con le elezioni presidenziali che hanno portato Donald Trump alla Casa Bianca, diffondendo email e documenti sottratti da quei computer per attizzare tensioni e veleni e gettare nel caos la campagna di Hillary Clinton.
Non basta: le nuove accuse fanno riferimento al sito DCLeaks e all'hacker Guccifer 2.0 che in passato i russi avevano detto essere la creatura di un hacker romeno. Secondo Mueller, invece, sia l'hacker che il sito erano gestiti dell'intelligence russa.
Ancora, sostiene Mueller, la persona nascosta dietro l'identità Guccifer 2.0 ebbe più volte contatti con un cittadino americano, un "consigliere importante della campagna di Donald Trump". L'hacker infatti lo ringraziò "per aver risposto" chiedendo se "avesse trovato qualcosa di interessante nei documenti che vi ho fornito". La persona, non citata nelle accuse appena formulate, secondo le prime ricostruzioni dei media americani è Roger Stone, stratega repubblicano e consigliere informale dell'allora candidato Trump.
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Donald Trump sapeva in anticipo dell'incontro alla Trump Tower di New York nel corso del quale i russi avrebbero dovuto offrire alla sua campagna presidenziale materiale compromettente su Hillary Clinton. Incontro avvenuto nel giugno del 2016 e al quale era presente il figlio maggiore Donald Trump Junior. Lo riporta la Cnn, citando fonti vicine alle indagini che spiegano come a rivelarlo sarebbe stato l'ex avvocato personale del tycoon Michael Cohen, pronto a testimoniare su questo davanti al procuratore speciale che indaga sul Russiagate, Robert Mueller. Il racconto di Cohen sarebbe in netta contraddizione con quanto sostenuto dal presidente americano che ha sempre negato di sapere qualcosa dell'incontro.
Una versione appoggiata dal figlio Donald Junior. Ma Cohen affermerebbe di essere stato presente al meeting con i russi sulla Fifth Avenue di Manhattan, insieme con altri responsabili della campagna di Trump, e sosterrebbe come ad un certo punto l'allora candidato Trump fu informato dell'offerta dei russi dal figlio. Sempre Cohen aggiunge che Trump approvò di andare avanti con l'incontro. L'ex legale del tycoon però non avrebbe prove di quello che afferma, come altre registrazioni fate in segreto.
La vicenda dei tape di Trump potrebbe infatti essere appena iniziata. Secondo quanto riportava il Washington Post, gli agenti dell'Fbi hanno infatti sequestrato oltre 100 registrazioni durante le perquisizioni negli uffici di Michael Cohen, l'ex avvocato personale e fidatissimo 'fixer' del presidente. In alcune di queste registrazioni, affermano le fonti citate dal Post, si sentirebbe Trump parlare. Mentre nella maggior parte dei tape vi sarebbero i colloqui - che Cohen registrava di nascosto - con i giornalisti che gli chiedevano di Trump durante la campagna elettorale del 2016 e dopo la vittoria delle elezioni.
La notizia della possibile esistenza di altre registrazioni potenzialmente imbarazzanti per il presidente - oltre a quella trasmessa nei giorni scorsi dalla Cnn, in cui si sente Trump dire a Cohen di pagare la modella di Playboy che afferma di aver avuto una relazione con il tycoon - arriva mentre il legale di Cohen afferma che il suo cliente non è più disposto a fare "da capro espiatorio" per Trump. Come quando l'avvocato newyorkese diceva che era stato per sua sola iniziativa che aveva pagato 130mila dollari a Stormy Daniels, la pornostar che afferma di aver avuto una relazione con Trump. E proprio sulla vicenda di Stormy Daniels si stanno concentrando ora nuovi dubbi. La donna è stata arrestata in uno streap club in Ohio, e rilasciata dopo 12 ore, con l'accusa di essersi fatta toccare da uomini all'interno del locale - in contravvenzione con la legge del "no touch" - dove erano presenti anche agenti sotto copertura. Ora vengono fuori una serie di email scritte da un'agente della locale stazione di polizia da cui si evince che tutta l'operazione era stata preparata e che Stormy Daniels è caduta in una trappola per essere arrestata. Un'eventualità grave, su cui il suo avvocato chiede ora sia fatta chiarezza.
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